Lo studio legale degli avvocati Maiella e Carbutti ha trattato con successo un altro caso relativo ad un trasferimento di sede, riguardante, questa volta, un militare transitato nei ruoli civili del Ministero della Giustizia, in particolare un ex militare appartenente alla Guardia di Finanza. Il Giudice del Lavoro ha accolto il ricorso, ordinato all’amministrazione il trasferimento del dipendente e ha condannato alle spese legali.
In particolare, l’ex militare impiegato presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze in Abruzzo, in qualità di personale transitato dal corpo della Guardia di Finanza a seguito di una dichiarazione di inidoneità al servizio militare, ha presentato istanza per ottenere un trasferimento temporaneo presso una sede più vicina per assistere un parente, riconosciuto invalido al 100% ai sensi dell'art. 3 comma 3 della Legge 104/1992, e di fornire supporto alla madre, anche lei dichiarata invalida per patologie significative.
Il ricorrente ha inizialmente presentato una prima istanza di trasferimento nel 2023, chiedendo l'assegnazione temporanea per garantire l'assistenza del familiare, poiché gli altri familiari non erano in grado di occuparsene, a causa di impedimenti personali e professionali. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha respinto l'istanza questa prima istanza, sostenendo che la richiesta non poteva essere accolta per mancanza di personale disponibile a sostituire il ricorrente presso la sede attuale e per esigenze di servizio. Tale provvedimento è stato confermato nel 2024, in cui la sua amministrazione aveva espresso parere sfavorevole al beneficio richiesto, adducendo motivi di continuità del servizio e carenza di personale.
Successivamente, il ricorrente ha rinnovato la richiesta di trasferimento verso un'altra sede, ma anche questa istanza è stata respinta. Nonostante il parere favorevole degli uffici di appartenenza, che avevano suggerito la possibilità di sostituire il ricorrente con altro personale attraverso la procedura di "Comando in ingresso", l'amministrazione centrale ha continuato a negare il trasferimento.
Così, l’ex militare ora impiegato civile del Ministero ha affidato l’incarico agli avvocati Maiella e Carbutti al fine di ottenere il beneficio richiesto e di tutelare la propria posizione.
MOTIVI DEL RICORSO
Il ricorrente ha lamentato principalmente la violazione dell'articolo 33, comma 5, della Legge 104/1992, che prevede che un lavoratore che assiste un familiare disabile abbia il diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non possa essere trasferito senza il suo consenso. Nel caso in esame, il ricorrente ha lamentato che l'amministrazione non ha adeguatamente bilanciato gli interessi in gioco, non tenendo conto della necessità di assistenza continua richiesta dal disabile e delle condizioni di salute precarie della madre.
Inoltre, il ricorrente ha evidenziato come l’amministrazione abbia omesso di effettuare una valutazione completa delle circostanze familiari, ignorando le disposizioni della legge che richiedono un bilanciamento tra le esigenze assistenziali dei dipendenti e le esigenze di servizio. L'amministrazione avrebbe dovuto dimostrare specifiche esigenze di servizio incompatibili con il trasferimento richiesto, cosa che non è stata fatta.
Il ricorrente critica, inoltre, il mancato riconoscimento della possibilità di impiego in soprannumero presso la sede richiesta, come previsto dalla normativa che regola il transito del personale delle Forze armate nelle aree funzionali civili del Ministero. Secondo il ricorso, la ricorrente, già impiegato in soprannumero presso la sede attuale, avrebbe potuto essere assegnata in eccedenza anche presso la nuova sede, senza compromettere il funzionamento dell'amministrazione.
Infine, è stato evidenziato che il diniego del trasferimento costituisce una lesione dei diritti del disabile assistito, che ha diritto a un'adeguata assistenza familiare
L’ORDINANZA
Il Giudice del Lavoro adito ha accolto il ricorso presentato dal ricorrente contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze, dichiarando il diritto dello stesso al trasferimento presso la sede richiesta ai sensi dell'art. 33, comma 5, della Legge 104/1992.
I motivi di diritto alla base dell'accoglimento del ricorso sono stati dettagliati come segue:
- Interpretazione dell'art. 33, comma 5, della Legge 104/1992: Il Giudice ha evidenziato che il diritto del lavoratore che assiste un familiare disabile di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere non è un diritto assoluto, ma può essere esercitato in costanza di rapporto di lavoro, a condizione che l'esercizio di tale diritto non comprometta in modo significativo le esigenze economiche, produttive o organizzative del datore di lavoro. L'onere della prova di dimostrare l'esistenza di tali esigenze ostative grava sul datore di lavoro. Nel caso specifico, il Ministero dell'Economia e delle Finanze non ha fornito specifiche prove che dimostrassero l'esistenza di esigenze organizzative insopprimibili che impedissero il trasferimento del ricorrente.
- Inquadramento del Ricorrente in Sovrannumero: Il Giudice ha sottolineato che il ricorrente è stato assegnato alla sede attuale in sovrannumero, il che implica che la sua presenza non è essenziale per la funzionalità dell'ufficio.
- Tutela della Salute del Familiare da Assistere: Il Giudice ha rilevato la necessità di garantire un'assistenza adeguata e continua alla persona con disabilità, conforme alle finalità della Legge 104/1992 e ai principi costituzionali di tutela della salute (art. 38 Cost.). La distanza tra le due sedi, seppur non elevata, impedisce un intervento assistenziale quotidiano.
Il Giudice del Lavoro ha quindi dichiarato che il ricorrente ha diritto al trasferimento richiesto ai sensi dell'art. 33, comma 5, della Legge 104/1992 ordinando al Ministero dell'Economia e delle Finanze di trasferire il dipendente presso la sede richiesta.
Il Ministero dell'Economia e delle Finanze è stato anche condannato a rifondere al ricorrente le spese del giudizio, che sono state quantificate in €1.800,00, oltre al rimborso delle spese forfetarie, IVA e CPA come per legge.
Cosa fare in caso di provvedimento ritenuto illegittimo?
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