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MILANO - ROMA - VERONA

Differenze tra Diritto Penale Militare e Ordinario: Minaccia e Ingiuria a Confronto

Differenze tra Diritto Penale Militare e Ordinario: Minaccia e Ingiuria a Confronto

Nell'ambito del sistema giuridico italiano, esistono notevoli differenze tra il Diritto Penale militare e il Diritto Penale ordinario. Talvolta, si possono trovare due fattispecie identiche, ma con sostanziali differenze in termini di pena, o addirittura, alcune condotte che non sono più considerate reato nel codice penale ordinario, ma rimangono tali nel codice penale militare di pace. In questo articolo, approfondiremo le differenze tra minaccia e ingiuria "ordinaria" e quella "militare", analizzando anche le possibili conseguenze legali. In particolare, esamineremo i reati militari di ingiuria e minaccia (articoli 226 e 229 del Codice Penale Militare di Pace), facendo un parallelo con quanto avviene nel diritto penale ordinario. Se hai bisogno di assistenza legale in questo ambito, puoi contattare gli avvocati Maiella e Carbutti, esperti in diritto militare.

Introduzione

In generale, la minaccia è un delitto contro la libertà individuale della persona e si concretizza ogni volta che un soggetto viene intimidito dalla prospettazione di un danno ingiusto (patrimoniale e non) che sia in grado di ledere la sua libertà psichica. È quindi un reato di pericolo perché è idoneo a rappresentare l’antefatto di atti concretamente lesivi ma non è comunque alcun automatismo e quindi la minaccia dovrà essere valutata in relazione alla circostanza, alle condizioni dell’agente e l’effetto che questa ha sulla vittima. I comportamenti rilevanti possono avere varie forme e non solo quella verbale, ma anche gesti, sms, e-mail, ecc.

L’ingiuria nell’ordinamento civile è stata abrogata nel 2016 e pertanto oggi non costituisce più reato ma nulla vieta al soggetto passivo di tale fattispecie di agire in sede civile per il risarcimento del danno.

Normativa

Art. 612 c.p. Minaccia

  1. Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa [120-126; c.p.p. 336], con la multa fino a euro 1.032.
  2. Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d'ufficio.

Il bene giuridico tutelato è la libertà morale che deve essere intesa come la libertà di ogni singolo individuo di potersi determinare spontaneamente senza alcuna forma di costrizione o limitazione. La norma mira quindi a tutela la libertà psichica dell’individuo da qualsiasi interferenza proveniente dall’esterno.

La minaccia è un reato punibile a querela della persona offesa, ad eccezione del caso in cui la minaccia sia grave o è fatta in una delle circostanze di cui all’art. 339 c.p. nelle quali si procede d’ufficio.

La minaccia è punita con la multa fino a 1032 euro. Nel caso in cui la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’art. 339 c.p., la pena è della reclusione fino a un anno.

Art. 594 c.p. Ingiuria

  1. Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.
  2. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
  3. La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
  4. Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.

[Articolo abrogato dall’art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7; vedi, anche, l’art. 4, comma 1, lett. a) e commi 2, 3, 4, lett. f) del medesimo D.Lgs. 7/2016].

Giurisprudenza

La Cassazione si è espressa sulla qualificazione del reato di minaccia come un reato di pericolo per il quale “è necessario che la minaccia – da valutarsi con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto – sia idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo ancorché il turbamento psichico non si verifichi in concreto […] non è, pertanto, necessario che la persona offesa si senta intimidita […]; è irrilevante anche l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente […]” (Corte di Cassazione, sez. I penale, 04/06/2015, n. 34215).

Con un’altra pronuncia la corte ha precisato che “la gravità della minaccia va accertata – nella prospettiva di verificare se, ed in quale grado, essa abbia ingenerato timore o turbamento nella persona offesa – avendo riguardo a tutte le modalità della condotta e, in particolare, al tenore delle eventuali espressioni verbali […] e al contesto nel quale esse si collocano” (Corte di Cassazione, sez. V penale, 01/04/2016, n. 16145).

 

MINACCIA E INGIURIA NELL’ORDINAMENTO MILITARE

Introduzione

Cosa avviene nel Codice penale militare? La legge militare punisce i reati di minaccia e ingiuria in quanto lesivi della disciplina e del servizio. Anche il reato di minaccia in ambito militare è configurabile come reato di pericolo per il quale è sufficiente un’intimidazione anche solo potenziale. È però richiesto che il soggetto sia a conoscenza della presenza di rapporti gerarchici e che voglia violarli.

Normativa

Art. 226 c.p.m.p. Ingiuria

  1. Il militare, che offende l'onore o il decoro di altro militare presente, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare fino a quattro mesi.
  2. Alla stessa pena soggiace il militare, che commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
  3. La pena è della reclusione militare fino a sei mesi, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato [141 comma 2, 189, 196, 228, 260 comma 2; 139, 211 c.p.m.g.; 594 c.p.].

Art. 229 c.p.m.p. Minaccia

  1. Il militare, che minaccia ad altro militare un ingiusto danno, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare fino a due mesi.
  2. Se la minaccia è grave, si applica la reclusione militare fino a sei mesi [ 260 comma 2].
  3. Se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339 del codice penale, la pena è della reclusione militare fino a un anno [ 141 comma 2, 143, 146, 189, 196; 139 comma 2, 211 c.p.m.g.; 612 c.p.].
  4. Ci sono poi altre numerose disposizioni nel c.p.m.p. che trattano dell’ingiuria e della minaccia ma che non saranno oggetto del presente articolo in quanto fattispecie più complesse che necessitano di trattazione separata:
  • 189 c.p.m.p., Insubordinazione con minaccia o ingiuria




  • 196 c.p.m.p., Minaccia o ingiuria a un inferiore
  • 245 c.p.m.p., Minaccia o ingiuria a superiore nella gerarchia tecnica o amministrativa o contro militari preposti alla sorveglianza disciplinare
  • 248 c.p.m.p., Minaccia o ingiuria a un inferiore

In questo caso le norme richiamate mirano a tutelare più specificatamente l’onore, il prestigio, la dignità e il decoro pertinente al pubblico agente (Corte di Cassazione, sez. I penale, 26/04/2000, n. 3137).

L’art. 260 c.p.m.p. al comma 2 prevede che nei casi di cui agli artt. 226 (ingiuria) e 229, comma 1 (minaccia non grave) il reato è procedibile a seguito di richiesta del Comandante di Corpo o di altro ente superiore dal quale il militare dipende. 

L’ingiuria è punita con la reclusione militare fino a 4 mesi ma se l’offesa ha ad oggetto l’attribuzione di un fatto determinato la pena è innalzata fino a 6 mesi.

La minaccia è punita con la reclusione militare fino a due mesi, ma se la minaccia è grave la pena va fino a 6 mesi. Nel caso in cui ricorrano le situazioni di cui all’art. 339 c.p. la pena è innalzata fino a 1 anno di reclusione.

Giurisprudenza

Corte di Cassazione, sez. I penale, del 22/01/2014, n. 7575: “la posizione di supremazia gerarchica dell’autore rispetto alla persona offesa non consente di considerare prive di contenuto lesivo espressioni volgari, pur oramai prive – nel linguaggio comune e tra pari – di effettive connotazioni offensive, e solo indicative di impoverimento del linguaggio e dell’educazione, in quanto esse, se rivolte a un sottoposto, in violazione delle regole di disciplina e dei principi che devono ispirarle in forza dell’art. 53 Cost., comma 3 riacquistano appieno il loro specifico significato spregiativo, penalmente rilevante. […] lì dove un superiore gerarchico voglia esprimere una critica ad un comportamento del sottoposto, senza sconfinare nell’insulto occorre che le espressioni usate individuino gli aspetti censurabili del comportamento stesso, chiariscano i connotati dell’errore, sottolineino l’eventuale trasgressione realizzata. Se invece le frasi adoperate si limitino a recare offesa non può sostenersi l’assenza di potenzialità ingiuriosa, pur se in ipotesi le stesse siano ricollegabili ad un comportamento scorretto. La valenza offensiva del termine in questione è, dunque, direttamente ricollegabile al suo significato e, pertanto, non può accettarsi una ricostruzione dell’elemento volitivo […] tesa ad attribuire all’agente, in virtù delle particolari circostanze di fatto, una volontà diversa. Pacifica infatti è la punibilità della condotta in riferimento al dolo generico, con irrilevanza dei motivi per cui l’offesa viene rivolta”.

In riferimento all’ipotesi di reato rivolta ad un superiore è stato affermato che “il reato militare di insubordinazione con minaccia o ingiuria è punibile pur quanto il soggetto agente commetta il fatto fuori dal servizio, ove si qualifichi come militare nei confronti dei superiori persone offese” (Corte di Cassazione, sez. I penale, 23/10/2013, n. 48159).

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